L’iperattività psicomotoria nel bambino

Il bambino affetto da iperattività psicomotoria presenta tre caratteristiche fondamentali: è disattento, iperattivo ed impulsivo. In genere viene notato per la sua difficoltà a concentrarsi con buoni livelli attentivi, per la distrazione accompagnata da una certa difficoltà nell’organizzazione necessaria al fine di portare a termine un compito e per la tendenza ad evitare impegni che richiedano ordine.

L’iperattività si manifesta con una eccessiva instabilità motoria: dall’essere costantemente in movimento, passando da un’attività all’altra con un atteggiamento molto superficiale, dal non riuscire a stare fermo in classe e in tal modo dal non essere in grado di portare a termine alcun compito.

L’impulsività si traduce nell’incapacità di rispettare il proprio turno nell’interazione con gli altri, nell’intervenire a sproposito e nel non essere in grado di controllarsi.

Queste caratteristiche creano non pochi problemi nella vita del soggetto che tende a mostrare disadattamento negli ambienti, familiari o scolastici, che lo accolgono. L’incidenza è del circa 3-5% e varia nelle differenti popolazioni. È importante ricordare che un certo grado di iperattività la riscontriamo anche nei bambini con ritardi mentali lievi ed in quelli che sono stati affetti da un’encefalopatia postnatale. Tuttavia, questo quadro si presenta anche in soggetti che mostrano un’intelligenza normale ed che sono esenti da deficit sensoriali.

In seguito ad esami accurati si riscontrano in questi bambini “piccoli segni neurologici”, rappresentati da minime disfunzioni percettivo-motorie e da anomalie elettroencefalografiche indicate come minimal brain disfunction.

L’attenzione è un aspetto cognitivo complesso nella sua struttura in quanto trasversale a qualsiasi tipo di elaborazione dell’informazione, è, infatti, un processo selettivo in grado di filtrare le informazioni rilevanti rispetto a quelle meno importanti. Le capacità attentive sono limitate e il loro uso così come l’allocazione è molto flessibile e riveste una notevole importanza in quanto sta alla base di ogni processo di apprendimento.

Ai fini di comprendere cosa avviene nel bambino con iperattività psicomotoria interessante è il modello interpretativo di Aslin (1981):

  1. Lo sviluppo autonomo di un’abilità.
  2. La necessità che un’abilità sviluppata autonomamente sia sostenuta dall’esperienza.
  3. Il ruolo determinante dell’esperienza che serve per attivare l’abilità innata.
  4. L’importanza che hanno le successive esperienze non tanto per l’attivazione primaria quanto nel successivo sviluppo dell’abilità.
  5. Infine, il ruolo che le esperienze hanno nel dotare un’abilità di fini e contenuti.

Notevole rilievo riveste la maturazione dei lobi frontali, man mano che crescono diventano più flessibili nel controllo del focus attentivo e sono maggiormente in grado di utilizzare strategie di attenzione consone al caso.

La posizione più attendibile è quella di un microdanno organico che induce una maggiore vulnerabilità alle problematiche psicologiche. Vengono chiamate in causa l’età gestazionale, la prematurità, una probabile sofferenza pre e perinatale. Dagli studi condotti, comunque, si evince che nessun risultato è significativamente preponderante sugli altri. Sembra che la regione fronto-limbico-striatale e le sue interconnessioni possano essere la sede anatomica della causa della sindrome. I diversi dati biologici riferiti a carenze di produzione di catecolamine e serotonina o di GRTH risultano contraddittori e non forniscono dati univoci.

Molti ritardi mentali sono instabili ed iperattivi, ma ad un’attenta analisi del soggetto affetto da iperattività quasi sempre si constata che la disattenzione è proporzionale al deficit intellettivo.

Il bambino iperattivo è inevitabilmente oggetto di rimproveri, punizioni, tentativi di contenimento e il giudizio su di lui, non mancando di una connotazione moralistica, contribuisce alla costituzione di un’identità negativa. Il bambino si accorge di essere emarginato e scartato, di avere scarsi rendimenti scolastici e che è meno abile dei suoi compagni; inevitabilmente deriva anche da tutto ciò disistima, reattività, ansia e depressione.

All’esame PET è emerso che le regioni striatali bilateralmente e le periventricolari sono ipoperfuse e un certo miglioramento lo si ottiene con l’uso del metilfenidato che aumenta il flusso sanguigno.

Il trattamento globale ovviamente non deve escludere interventi di tipo psicologico, educativi e didattici. Il bambino deve essere tollerato, aiutato a non sentirsi diverso o colpevole. L’instabilità può essere affrontata con tecniche psicomotorie, mentre la didattica deve essere meglio calibrata sulle sue capacità. A ciò è necessario aggiungere l’uso di farmaci quali il metilfenidato che abbiamo già spiegato come agisce; la destroamfetamina, che incrementa il rilascio delle catecolamine centrali e la pemolina che è simile agli altri psicostimolanti però possiede un minore effetto simpatico-mimetico. Il meccanismo d’azione di quest’ultima non ci è ancora completamente chiaro. I triciclici vengono solitamente usati in un’unica somministrazione giornaliera.

L’osservazione clinica porta a verificare che questi soggetti tendono a migliorare durante la pubertà e con l’età adulta l’iperattività scompare del tutto. Tuttavia, studi longitudinali hanno dimostrato che tranne per il miglioramento delle capacità cognitive, questi pazienti presentano, secondo una percentuale elevata, anomalie della condotta nell’età adulta con l’impronta di una personalità antisociale che spesso li fa evolvere verso comportamenti criminali veri e propri o verso l’abuso di sostanze tossiche e di alcool. Sono stati descritti aspetti che possono avere un valore predittivo come l’instabilità emozionale, il tasso di aggressività, la salute mentale dei genitori, il livello socioeconomico ed il livello intellettivo. Naturalmente lo studio di questi aspetti ci serve per sviluppare meglio modelli di intervento che abbiano un valore di prevenzione.

Là dove possibile l’aiuto della psicoterapia cognitivo-comportamentale  con lo studio dell’ambiente e la possibilità di favorire lo sviluppo di aree favorevoli, l’intervento strutturato sul sistema scolastico e sulle figure che ruotano attorno al bambini con il potenziamento dei suoi punti di forza, la pianificazione di un programma di comportamenti e di approccio scolastico in seguito ad attenta valutazione del bambino e allo stesso modo l’intervento sull’ambiente sociale migliorandolo a che rappresenti un modeling positivo sono alcuni degli elementi che ci permettono di aiutare più efficacemente questi piccoli pazienti sortendo un effetto positivo sull’evoluzione della patologia nella vita adulta.

                                           Giacoma Cultrera

L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.

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