L’importanza dell’alleanza terapeutica nella psicoterapia

L’alleanza terapeutica si identifica con quella parte di interazioni terapeutiche che presentano come caratteristica principale la sintonizzazione tra le motivazioni cooperative del terapeuta e del paziente: essa si fonda sulla non pariteticità tra terapeuta e paziente. Comprendiamo, quindi, come la pariteticità non rappresenta un elemento primario e necessario per la fondazione di una relazione terapeutica. Rappresenta, piuttosto, un obiettivo che il terapeuta deve porsi attivamente, affinchè questo target a cui il rapporto terapeutico deve tendere risulti fondamentale per la strutturazione di quell’”alleanza terapeutica”, da cui dipenderà la maturazione di funzioni riflessive, come la metacognizione e la mentalizzazione, che sono condizioni indispensabili per ottenere reali progressi terapeutici. Per questi motivi (Liotti) già nel primo colloquio è importante che il terapeuta cerchi di non sottolineare questa non pariteticità, ad esempio invitando il paziente ad assumere un ruolo attivo nella gestione del dialogo terapeutico. E’, infatti, un errore sottoporlo a una serie di domande come avviene nella costruzione di un’anamnesi.

Naturalmente il terapeuta deve avere al centro della sua attenzione i deficit e i punti di forza che progressivamente ravvede nel paziente. Questo contributo dello psicoterapeuta alla costruzione dell’alleanza terapeutica rende più probabile che il paziente sperimenti l’interazione come uno scambio di riflessioni sostanzialmente paritetico. Un altro atteggiamento mentale che il terapeuta deve avere sempre presente consiste nel chiedersi quali mete costruttive il soggetto possa porsi, più o meno consciamente, per la psicoterapia che si ritrova ad iniziare. Questo porta ad un’analisi della richiesta del paziente non satura di sospette motivazioni distruttive inconsce quanto, invece, focalizzata su desideri legittimi di comprensione e di sollievo dalla sofferenza da cui è attanagliato.

Il terapeuta si deve sempre interrogare sullo stile comunicativo e sull’atteggiamento interpersonale da adottare nel fare domande e nell’offrire suggerimenti: può usare l’accortezza di porre quesiti prevalentemente su contenuti già espressi spontaneamente dal paziente e limitare, in tal modo, notevolmente quelle che si riferiscono a contenuti che non ha espresso. Infatti, la sintonizzazione empatica con una attenzione specifica sulla comunicazione non verbale è di fondamentale importanza.

Naturalmente tutto questo non nasce dal nulla, richiede pazienza, creatività da parte dello  psicoterapeuta congiunta a quell’allenamento che deriva da uno studio continuo e da una preparazione solida e progressiva, che deve portare ad un costante miglioramento delle abilità del terapeuta. Il paziente riceverà da questo atteggiamento un’ attenzione importante da parte del terapeuta alle sue problematiche.

Ricordiamo naturalmente che non si diventa terapeuti per caso, oltre allo studio è necessario possedere delle caratteristiche caratteriali che affinate nel tempo favoriscono l’esercizio di una professione per nulla facile e la costruzione di un’alleanza terapeutica adeguata all’inizio della psicoterapia.

Importante è, anche, la valutazione dell’invio del paziente, cioè se ha scelto il terapeuta per la fiducia in un familiare o se si è fatto guidare da un collega. L’invio, infatti, è un momento importante da esplorare perché precede immediatamente la costruzione di una buona relazione terapeutica.

Altro aspetto da valutare in prima battuta è l’esplicitazione del problema da parte del paziente con le note di sofferenza che lo accompagnano, le sue manifestazioni e l’evoluzione che ha avuto nel tempo. In condizioni deliranti o in patologie come l’anoressia o gravi malattie psicosomatiche naturalmente tutto diventa più difficile; in questo caso lo stile empatico, la capacità di comprensione e le doti caratteriali del terapeuta permettono sempre di porre le basi di una relazione terapeutica.

L’individuazione delle aspettative amplifica la partecipazione attiva del paziente nella relazione terapeutica. Il terapeuta così stimola l’esplicitazione non solo delle aspettative positive ma anche di quelle negative e temute.

Se il paziente  è in grado di definire gli obiettivi rispetto all’esperienza terapeutica, lo psicoterapeuta può più facilmente valutare la raggiungibilità di essi o meno. Dal dialogo sugli obiettivi del paziente emerge una sorta di negoziato al cui termine può essere formulato un obiettivo condiviso.

Tuttavia, anche nelle fasi iniziali il terapeuta cognitivista deve avere cura di prestare estrema attenzione ai vissuti emozionali del paziente  nel corso della proposta della tecnica e durante l’eventuale attuazione di essa, e soprattutto alle emozioni rivolte verso se stesso in risposta all’atto di descrivere e proporre la tecnica o di commentare gli effetti della sua attuazione. Le informazioni raccolte grazie a queste osservazioni si rivelano preziose quando le condizioni dell’alleanza e della capacità di esercitare le funzioni riflessive consentiranno l’analisi della relazione terapeutica.

I contributi che lo psicoterapeuta può offrire per la costruzione ed il mantenimento dell’alleanza fin dal primo incontro col paziente e per tutto il tempo del dialogo clinico è notevole. Tuttavia, nonostante  le cautele adottate per evitare delle crisi, di fatto queste si verificano nella maggioranza delle terapie e, in genere, hanno una durata superiore a poche sedute.

Delle crisi che portano alla rottura dell’alleanza terapeutica ed all’interruzione di una psicoterapia parlerò prossimamente.

                                               Giacoma Cultrera

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