Le scoperte della fisica moderna e la sua influenza sul pensiero scientifico

All’origine della fisica moderna ritroviamo le intuizioni ed il genio di un solo uomo: Albert Einstein. Nel 1905 pubblicò due articoli con i quali avviò due direttive di pensiero rivoluzionarie: la prima era la teoria della relatività speciale, l’altra era un nuovo modo di concepire la radiazione elettromagnetica, che in seguito avrebbe caratterizzato la meccanica quantistica, la teoria dei fenomeni atomici. Fu un intero gruppo di fisici, che ventanni dopo, elaborarono nella forma completa le teorie della meccanica quantistica.

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Albert Einstein Credits:pixabay

Secondo la teoria della relatività, lo spazio non è tridimensionale e il tempo è un’entità separata. Essi sono strettamente connessi e formano un continuum spazio-tempo. Non esiste un flusso universale del tempo come nel modello newtoniano. Osservatori differenti, che si muovono con diverse velocità relative rispetto agli eventi osservati, ordineranno questi ultimi secondo una diversa successione temporale. Tutte le misure in cui entra lo spazio e il tempo perdono così il loro significato assoluto. Nella teoria della relatività vengono abbandonati sia il concetto newtoniano di spazio assoluto inteso come scenario immutabile dei fenomeni fisici, sia il concetto di tempo assoluto. Lo spazio e il tempo diventano soltanto elementi del linguaggio che un particolare osservatore usa per descrivere i fenomeni dal proprio punto di vista.

Le interazioni tra gli atomi danno luogo ai diversi processi chimici, cosicchè in linea di principio è oggi possibile comprendere tutta la chimica sulla base delle leggi della fisica atomica.

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Erwin Schrodinger Credits: Wiki Commons

Queste leggi non furono facili da riconoscere; vennero scoperte negli anni Venti del Novecento da un gruppo di fisici internazionali come Niels Bohr, Louis de Broglie, Erwin Schrodinger e Wolfgang Pauli. Fu un periodo difficile per loro. Ogni volta che interrogavano la natura con un esperimento atomico, la natura rispondeva con un paradosso. Occorse molto tempo prima che i fisici accettassero l’idea che questi paradossi appartenessero alla struttura stessa della fisica atomica e si rendessero conto che tali paradossi ricompaiono ogni volta che si tenta di descrivere un evento atomico nei termini tradizionali della fisica.

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Wolfgang Pauli Credits: Wiki Commons

I concetti di meccanica quantistica non furono facili da accettare, anche dopo che ne fu completata la formulazione matematica. Gli esperimenti di Rutherford avevano dimostrato che gli atomi non erano duri e indistruttibili, presentavano invece vaste regioni di spazio nelle quali si muovevano particelle estremamente piccole. Ora la fisica quantica chiariva che queste particelle subatomiche avevano una natura duale: a seconda di come le osserviamo possono sembrare particelle o onde. Anche la luce può assumere l’aspetto di onde elettromagnetiche o di particelle.

L’intero processo ebbe inizio quando Max Planck scoprì che l’energia della radiazione termica non è emessa in modo continuo, ma si presenta sotto forma di “pacchetti di energia”. Einstein chiamò “quanti” questi pacchetti di energia e riconobbe in essi un aspetto fondamentale della natura. I quanti di luce, che dettero il nome alla meccanica quantistica, sono stati in seguito accettati come particelle vere e proprie e ora vengono chiamati fotoni.

L’apparente contraddizione tra la rappresentazione corpuscolare e quella ondulatoria fu risolta in modo del tutto inaspettato che mise in discussione il fondamento stesso della concezione meccanicistica del mondo: il concetto di realtà della materia. A livello subatomico, la materia non si trova con certezza in luoghi ben precisi, ma mostra piuttosto una “tendenza a trovarsi” e una “tendenza ad avvenire”. Nelle teorizzazioni della meccanica quantistica, queste tendenze sono espresse come probabilità e sono associate a quantità matematiche che prendono la forma di onde, ecco perché le particelle possono essere allo stesso tempo onde. Non sono onde tridimensionali, ma “onde di probabilità”, quantità matematiche astratte che hanno tutte le proprietà caratteristiche delle onde e sono legate alle probabilità di trovare particelle in particolari punti dello spazio e in particolari istanti di tempo. Tutte le leggi della fisica atomica sono espresse in funzione di queste probabilità.

La meccanica quantistica ritiene che a livello subatomico, gli oggetti materiali solidi della fisica classica si dissolvono in configurazioni di onde di probabilità e queste sono probabilità di interconnessioni.

La meccanica quantistica ha dimostrato che tutte queste proprietà degli atomi derivano dalla natura ondulatoria degli elettroni. L’aspetto solido della materia è una conseguenza di un tipico “effetto quantistico” collegato al comportamento duale onda-particella della materia, una caratteristica del mondo subatomico che non trova l’analogo nel mondo macroscopico.

Il primo passo importante verso la comprensione della struttura nucleare fu la scoperta del neutrone, l’altra particella da cui è costituito il nucleo. Il neutrone è privo di carica elettrica e ha una massa quasi uguale a quella del protone. Il nucleo è circa un centinaio di migliaia di volte più piccolo di tutto l’atomo, eppure ne contiene quasi tutta la massa. Ciò significa che la materia all’interno del nucleo deve essere estremamente densa rispetto ai tipi di materia che conosciamo. Nel centro delle stelle è concentrata una grande quantità di materia nucleare e vi predominano processi nucleari che sulla Terra avvengono raramente.

La teoria della relatività ha avuto una profonda influenza sulla nostra idea di materia. Essa ha mostrato che la massa non ha nulla a che fare con una qualsiasi sostanza, ma è una forma di energia. Quest’ultima è una quantità dinamica associata ad attività o processi. La particella non può essere considerata come un oggetto statico, ma va intesa come una configurazione dinamica. Fu Dirac ad introdurre questa concezione e formulare l’equazione relativistica che descriveva il comportamento degli elettroni. Essa prevedeva l’esistenza di un antielettrone con la stessa massa dell’elettrone ma di carica opposta. Le particelle sono viste come configurazioni dinamiche che coinvolgono una certa quantità di energia, la quale si presenta a noi come la loro massa. Le energie cinetiche necessarie per gli esperimenti d’urto vengono ottenute attraverso acceleratori di particelle. Le particelle che nascono in questi urti vivono per un tempo molto breve, ma lasciano delle tracce che possono essere fotografate.

L’intero universo appare come una rete dinamica di configurazioni di energia non separabili: ogni particella non può essere vista come un’entità isolata, ma va intesa come una parte integrata del tutto. Nella fisica moderna l’universo appare come un tutto dinamico, inseparabile, che comprende sempre l’osservatore in modo essenziale.

                                         Giacoma Cultrera

Foto tratta da unsplash

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