Le demenze e il recupero psicosociale del soggetto con rallentamento del deterioramento cerebrale
Si stima che nella maggior parte dei paesi industrializzati il 5% circa delle persone di 65 anni è affetta da demenza o forme varie di invecchiamento cerebrale. Il termine indica una condizione di graduale deficit della sfera cognitiva con compromissione dell’attenzione, del linguaggio, della memoria, dell’orientamento spazio-temporale e delle capacità di critica e di ragionamento.
L’ipotesi dominante è quella della “cascata amiloidea”, cioè di una serie di eventi che hanno come effetto finale la morte dei neuroni cerebrali, provocata dall’accumulo nel cervello della proteina amiloide. Nella demenza vascolare si innesca un meccanismo diverso connesso alla scarsa ossigenazione delle cellule, all’apporto povero di nutrienti e a reazioni infiammatorie che, purtroppo, fanno seguito all’occlusione dei piccoli vasi sanguigni.
L’esordio è in genere rappresentato dalla perdita graduale della memoria recente e poi dell’orientamento spazio-temporale e degli altri sintomi che ho sopra citato. Spesso una delle prime manifestazioni è la depressione, in genere reattiva a delle trasformazioni insidiose che si innescano nel soggetto. Altre volte possono andare incontro ad agitazione, irritabilità e aggressione. La TAC o la Risonanza Magnetica permettono di evidenziare le aree di atrofia cerebrale o gli esiti di tipo vascolare. Naturalmente ci sono terapie di competenza neurologica a seconda delle forme, ma non sono sufficienti per aiutare il soggetto a rallentare il processo degenerativo. Infatti, spesso lo psichiatra-psicoterapeuta deve intervenire per combattere manifestazioni di altro carattere sia con terapie farmacologiche che cognitivo-comportamentali.
La realtà istituzionale spesso non è in grado di offrire una prestazione assistenziale personalizzata e che risponda alla molteplicità dei bisogni dell’anziano legati alla malattia. In queste realtà l’individualità dell’uomo viene schiacciata, perché le programmazioni rispettano criteri comuni con esecuzione meccanica che mortifica la volontà di vita del soggetto, il quale in questi contesti si aggrava più rapidamente.
E’ fondamentale, invece, riuscire a tenerli in famiglia anche se si ricorre ad una persona che verrà guidata nell’esecuzione dei compiti e delle attività da svolgere da un terapeuta esperto, abituato a lavorare con questo tipo di soggetti insieme a tutti gli altri esponenti della famiglia.
Ricordiamo, che se è vero che non possiamo sinora invertire un processo abbiamo, però, la possibilità di rallentarlo e di regalare ancora anni dignitosi a soggetti che altrimenti degenerano e muoiono rapidamente.
E’ stato dimostrato che accanto al controllo dei fattori cerebrali, dei rischi vascolari, nelle prime fasi della malattia uno stile di vita più attivo, gli esercizi di stimolazione cognitiva, una dieta corretta con alimenti sani sono di grande beneficio nel rallentare la progressione del danno.
In tal senso un approccio terapeutico con tecniche di orientamento alla realtà e l’applicazione di una terapia occupazionale è l’unico e proficuo mezzo per rallentare il decadimento mentale.
L’orientamento alla realtà nei suoi aspetti formali e informali rimane la tecnica più utile per persone disorientate nel tempo, nello spazio, sulla persona, sulle cose e con alterazioni della memoria presente e passata, perché interviene sulla persona stessa, sull’ambiente in cui vive e sulle persone, i familiari, che sono in contatto diretto con il soggetto.
Compito fondamentale è la stabilizzazione del network che non deve andare incontro ad impoverimento, bensì deve mantenere una funzione attiva di stimolo ed interesse.
Accanto a questo la terapia occupazionale, con il particolare interesse alle attività quotidiane e di passatempo (pittura, cucina, cucito…) permette di ristabilire e mantenere quella attivazione mentale e quelle attività che aiutano l’individuo con disabilità a migliorare e a rivalutare la sua individualità.
Tutte le attività proposte devono aiutare il paziente nel suo rapporto con la realtà quotidiana per mantenere la consapevolezza di tutto ciò che accade intorno a lui e su ciò che è necessario fare per il suo sostentamento quotidiano. Questi interventi multidisciplinari permettono di rinforzare la memoria e di fare rimanere quanto più a lungo impresso il nome di oggetti nel loro bagaglio mnestico.
Al momento gli interventi cognitivo-comportamentali sono quelli che permettono di conseguire miglioramenti clinici evidenti con un allungamento della efficienza del soggetto ed in ultima analisi della sua vita.