L’architettura del sonno
Sonno e veglia sono i due processi che stanno alla base della vita, strettamente interconnessi per il funzionamento mente-corpo ma apparentemente dotati di controlli e funzioni differenti.
Il sonno non è un fenomeno omogeneo. E’ formato da due fasi che vengono distinte in base alle caratteristiche fisiologiche e comportamentali: sonno non-REM (privo di movimenti oculari rapidi) e sonno REM.
Nell’uomo umano adulto il sonno non-REM costituisce circa 80% del tempo di sonno totale. Questo è diviso in 4 stadi in base ai criteri elettroencelografici: stadio I che occupa il 3-8% del tempo del sonno; lo stadio II che ricopre il 45-55% del tempo totale di sonno; e gli stadi III e IV che costituiscono circa il 15-20% del totale di questo. Questi ultimi sono descritti come stadi a onde lente.
Il I stadio all’inizio presenta onde di tipo alfa che vengono sostituite da onde theta e qualche onda beta, queste alterazioni elettrofisiologiche sono accompagnate da lenti movimenti rotatori degli occhi e da una riduzione del tono muscolare generale. Dopo pochi minuti si hanno fusi da 12 a 16 Hz frammisti a complessi K. Verso la fine di questo stadio si registrano punte al vertice, che sono onde presenti nello stadio II, che risulta dominato dai fusi. In questa fase non ci sono movimenti oculari e il tono muscolare è inferiore a quello dello stadio precedente. Le onde che dominano sono le delta e theta per circa 30-60 min. Le onde delta costituiscono il 20-50% dello stadio III e più del 50% del IV.
Il sonno REM rappresenta il 20-25% del tempo totale di sonno. Viene suddiviso in due stadi: tonico e fasico. Durante il primo l’EEG è desincronizzato, c’è ipotonia e atonia dei principali gruppi muscolari e depressione dei riflessi monosinaptici e polisinaptici. Lo stadio fasico è discontinuo e si sovrappone a quello tonico. In questo secondo stadio si verificano le scariche REM, che comportano contrazioni miocloniche dei muscoli facciali e degli arti, irregolarità del battito cardiaco e della respirazione, con una pressione sanguigna variabile, attività spontanea dei muscoli dell’orecchio medio e movimenti linguali. Abbiamo un quadro di onde a basso voltaggio, frammiste a onde theta e a “onde a dente di sega”.
Il ciclo di sonno completo è caratterizzato da un susseguirsi di sonno REM e non-REM e ciascun ciclo dura dai 90 ai 110 min. In genere durante il sonno notturno si osservano da 4 a 6 cicli di sonno completi.
Il bisogno di sonno nell’adulto medio è di circa 7-8 ore, indipendentemente da differenze ambientali o culturali. L’esistenza dei ritmi circadiani fu individuata nel XVIII secolo, in seguito all’osservazione delle piante che chiudevano le foglie, ma il nome fu coniato dal cronobiologo Halberg e deriva dal latino circa, che significa quasi e da dian, che significa giorno. L’isolamento sperimentale da tutti gli indicatori di tempo ambientale ha dimostrato l’esistenza di un ritmo circadiano negli esseri umani, indipendentemente dallo stimolo ambientale. Il ritmo circadiano dura circa 25 ore del ciclo giorno-notte. Tutto ciò ha sempre fatto pensare ai ricercatori all’esistenza di un orologio biologico, la cui sede a livello cerebrale è stata individuata nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, sopra il chiasma ottico. E’ stata anche dimostrata la connessione neuroanatomica tra retina e nuclei soprachiasmatici, la quale invia gli stimoli ambientali di luce al SNC. Questo agisce da pacemaker e le terminazioni nervose afferenti con la liberazione dei neurotrasmettitori che contengono contribuiscono alla strutturazione del ritmo circadiano. Esistono parecchi ritmi circadiani regolatori di secrezioni ormonali, come la prolattina, l’ormone della crescita, il testosterone la cui produzione aumenta durante il sonno. La melatonina, ad esempio, che è prodotta dalla ghiandola pineale è secreta principalmente durante la notte e può essere un importante modulatore della sincronizzazione del ritmo circadiano umano al ciclo luce-oscurità.
E’ stato riscontrato, sulla base di studi epidemiologici piuttosto ampi, che negli ultimi anni i soggetti tendono a dormire di meno, negli Stati Uniti ad esempio di circa 1,5h in meno rispetto ai progenitori di inizio Novecento. Molti studi (con deprivazione di sonno REM o di Sonno profondo) hanno dimostrato che la deprivazione ha delle conseguenze come la sonnolenza, la riduzione della performance, della vigilanza, dell’attenzione, della concentrazione e anche un aumento del tempo di reazione. Ci sono due tipi di sonnolenza: quella fisiologica che riflette il bisogno dell’organismo di dormire e quella soggettiva che dipende da fattori ambientali stimolanti o dal consumo di caffè o bevande che contengono caffeina. La sonnolenza tenderà a manifestarsi tra le 3 e le 5 del mattino o le 15 e 17 del pomeriggio, alterando inevitabilmente la performance del soggetto. Gli altri effetti al momento rimangono oscuri; tuttavia dalla ricerca sperimentale sappiamo che il sonno è necessario per la sopravvivenza. In degli esperimenti è stato registrato che ratti deprivati di sonno per 10-13 giorni, pur aumentando l’apporto di cibo ed essendo aumentati di peso, morivano, perché perdevano il controllo della temperatura. L’uomo se deprivato di sonno dopo circa 3 giorni sviluppa allucinazioni oltre ad altri ricchi corredi di sintomi.
La teoria del recupero attribuisce il recupero dei tessuti dell’organismo al sonno non-REM e del tessuto cerebrale al sonno REM. Questo troverebbe dimostrazione nel fatto che durante il sonno aumenta la secrezione degli ormoni anabolici e diminuiscono i livelli di quelli catabolici insieme alla sensazione soggettiva di recupero delle forze che segue al sonno.
Secondo la teoria del rafforzamento e consolidamento della memoria viene attribuita grande importanza al sonno REM, che si ritiene favorisca la memoria e l’apprendimento.
La teoria dell’integrità della rete sinaptica sostiene che il sonno è importante per mantenere le sinapsi che sono state insufficientemente stimolate durante la veglia, perché la stimolazione intermittente della rete neurale come avviene nella fase REM e non-REM è necessaria per mantenere la rete neurale.
Un‘ultima teoria ne esalta il ruolo per il mantenimento dell’omeostasi termoregolatrice.
Questa che vi presento è una breve descrizione della struttura del sonno con delle nozioni, che per quanto sintetiche e sommarie ci permetteranno di comprendere meglio intanto l’importanza del sonno nella fisiologia dell’individuo e poi renderà più agevole la lettura del successivo articolo che legherò a questo parlando dei disturbi del sonno che curiamo molto frequentemente e per comprendere come non solo i farmaci servono per la mancanza di sonno, ma un’analisi attenta ci permette di ridurre al minimo l’uso del farmaco e migliorare la qualità di vita del soggetto.
Giacoma Cultrera