La psicoterapia come viaggio della vita
Nella psiche i modelli operativi interni dell’attaccamento che si formano nei primi due anni di vita sono tra i più importanti candidati alla costituzione del “nucleo metafisico”. In questa fase prende forma la relazione di se con l’altro. In un’ottica sistemico-processuale la normalità coincide con la flessibilità con cui l’organizzazione cognitiva personale articola la sua progressione ortogenetica nel corso del ciclo di vita.
Solo con livelli di conoscenza e consapevolezza di se sempre più complessi e integrati l’uomo può raggiungerla e mantenerla. Esperienze disturbanti creano meccanismi ricorsivi interni che hanno carattere di stabilità e inconfutabilità. Se questi diventano dominanti tendono a creare patologie psichiche a meno che in seguito ad eventi di confronto relazionali particolari la persona cambi.
Infatti, quando l’elaborazione delle esperienze evolutive è insufficientemente articolata si slitta su disturbi nevrotici o nei casi più gravi psicotici. Nella schizofrenia, ad esempio, anche una relazione terapeutica mal condotta può essere patogena se il dialogo interno del soggetto rimane sempre confuso e limitante rispetto alla continuità della coscienza.
E’ solo quando il dialogo interno acquista quella pariteticità, per cui è in grado di sostenere interazioni con interlocutori che ne possono minacciare la continuità, che la relazione terapeutica può essere interrotta senza alcun danno per il paziente.
Questo ci sottolinea ulteriormente che una relazione terapeutica deve essere ben condotta da uno psicoterapeuta esperto, il quale con le sue competenze ha la funzione di un compagno di viaggio che non impone interpretazioni, ma aiuta a ricostruire attività cognitive destrutturate dalla malattia e a rinforzare dei tratti di fragilità nella personalità sino a quando si torna a camminare da soli.