La Percezione

La percezione è una attività cerebrale che ha funzioni importanti nella ricezione degli stimoli dal mondo esterno e viene fortemente intaccata in molte patologie psichiche.

Le tecniche di imaging, oggi, a nostra disposizione fanno rilevare come sotto stimolazione encefalica l’attività percettiva si associ non solo all’attivazione delle aree sensoriali specifiche corticali, ma si osserva, anche, un complesso e variegato quadro di interazione tra aree corticali e sottocorticali. In fondo l’analisi fenomenica del processo percettivo mostra chiaramente come sua prerogativa fondamentale è il riconoscimento degli stimoli e la loro attribuzione di significato. Queste sono funzioni che richiedono il coinvolgimento sia di attività cognitive che emozionali, per cui si pongono molto oltre il semplice riconoscimento del segnale sensoriale.

Normalmente dal mondo esterno arriva un flusso continuo di stimoli che raggiunge gli organi sensoriali periferici. Già a livello di questi organi le informazioni esterne vengono sottoposte ad una prima selezione, di conseguenza vengono inviate in forma codificata e pre-strutturata ai nuclei intermedi e poi alle aree corticali specializzate. Il concetto di percezione va al di là dell’attribuzione di significato ad uno stimolo sensoriale esterno, infatti, vanno presi in considerazione anche quelli di origine “intrapsichica”. 

Non va sottovalutato che un’attività immaginativa di una percezione sensoriale induce nelle strutture cerebrali un processo di elaborazione in modo molto simile a quanto si verifica nel processo percettivo basato su stimoli fisici “esterni”.

Da quanto detto evinciamo che l’attività percettiva è parte integrante delle funzioni cognitive, emozionali, motorie, comportamentali e ne è al tempo stesso condizionato e condizionante.

Dopo la prima selezione periferica è a livello corticale che avviene un ulteriore processo di organizzazione, selezione e strutturazione delle informazioni che verranno riconosciute da una complessa rete neuronale della corteccia come “immagini” significative. Gli stimoli così filtrati e selezionati vengono correlati e confrontati con dati presenti in esperienze precedenti e, di conseguenza, immagazzinati in memoria. Naturalmente questo è un processo che inevitabilmente coincide con il riconoscimento dello stimolo.

I dati in questo modo elaborati vengono associati alla situazione-stimolo esterna, che ha dato l’avvio al processo ed è così che la percezione acquisisce le sue connotazioni di fisicità, di localizzazione dell’oggetto percepito nello spazio esterno e di riconoscimento e di attribuzione di significato.

Questi procedimenti successivi avvengono sotto il rigoroso controllo del sistema nervoso centrale, che registra e organizza ogni dato percettivo in funzione di altri fattori determinanti, come le esperienze precedenti, lo stato emozionale, lo stato di coscienza ed altro.

La selezione, la codificazione, la strutturazione, il riconoscimento e l’attribuzione di significato rappresentano dei punti di snodo fondamentali del procedimento percettivo.

Da quanto detto è facile dedurre che i disturbi della percezione possono essere originati da alterazioni organiche e funzionali che interferiscono con la serie dei meccanismi sopra descritti in uno qualsiasi dei punti nodali del processo di elaborazione dell’informazione o nel procedimento percettivo nella sua globalità.

Conseguenza ne è che i disturbi della percezione possono essere molti ed estremamente variegati. Affinché possa essere effettuata un’analisi percettiva adeguata dello stimolo le funzioni sensoriali basali devono essere necessariamente intatte, cioè la visione, l’acuità, il campo visivo. Può succedere che il mancato riconoscimento di un segnale sia legato ad un deficit di uno dei seguenti livelli di elaborazione: 1) disturbi sensoriali elementari; 2) deficienza dell’analisi percettiva dello stimolo (agnosia percettiva); 3) agnosia associativa, cioè incapacità di un’analisi delle conoscenze strutturali, funzionali e semantiche dello stimolo.

In certi casi possono riguardare l’intaccatura delle caratteristiche reali solo dal punto di vista quantitativo, in altre situazioni si tratta di creazioni di percezioni senza uno stimolo esterno adeguato, bensì utilizzando solo dati interni.

I disturbi della percezione sono strettamente connessi al funzionamento globale della vita psichica. In questo caso i campi sensoriali interessati, le modalità formali di manifestazione del disturbo, ma soprattutto il livello di “convinzione della realtà” dell’alterazione percettiva sono in stretta correlazione con le condizioni emozionali, con la conservazione o meno di “giudizio della realtà” e della capacità di critica, con le modalità di funzionamento del e con i livelli di coscienza.

La plasticità della corteccia somatosensoriale nei primati tende a dimostrare che la variabile temporale ha una importanza determinante. Sembra, infatti, che gli impulsi sensoriali che giungono alle aree corticali determinerebbero un’attivazione che si diffonde alle aree vicine attraverso un meccanismo ondulatorio concentrico supportato dalle interconnessioni neuronali. La successione della percezione degli stimoli viene codificata a livello corticale in schemi di tipo spaziale. Ovvero la collocazione temporale degli stimoli sarebbe indotta dalla configurazione di confluenza dei fronti d’onda originati dalle aree corticali che rappresentano le regioni cutanee stimolate in successione.

Queste teorie derivano dall’osservazione e dall’interesse crescente negli ultimi anni del problema della percezione del tempo. Di fatto gli stimoli giungono alla coscienza utilizzando canali sensoriali diversi, che hanno tempi di trasmissione peculiari. Tuttavia, nonostante tale diversità vengono percepiti in maniera sincrona. Il riarrangiamento delle mappe corticali gioca un ruolo importante e secondo una teoria ondulatoria proposta la successione degli stimoli somministrati in ripetizione genererebbe dei campi di facilitazione corticali unidirezionali (Bonafede, 2001) che identificano la sequenzialità degli eventi. Gli effetti di notevole plasticità verrebbero individuati in un punto intermedio tra la prima proiezione corticale dello stimolo e quella del secondo, che agirebbe da fattore scatenante di un effetto memoria della percezione registrata.

                                                 Giacoma Cultrera

L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.

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