La non programmazione dell’evoluzione e l’unicità dell’uomo
“La pietra angolare del metodo scientifico è il postulato dell’oggettività della natura” come Jacques Monod ha affermato. Si tratta dell’ipotesi secondo cui tutta la conoscenza umana si fonda su un processo interattivo mediante il quale l’uomo, in quanto soggetto conoscente, si confronta con i dati di un mondo reale circostante, che sono oggetto del suo conoscere. Le strutture che raccoglievano informazioni adattive sono rimaste quasi le stesse a partire dagli esseri previventi del tipo dei virus fino ai nostri più vicini progenitori animali. Possiamo ipotizzare (Lorenz) che man mano che cresceva la complessità del sistema nervoso centrale aumentava l’importanza del ruolo assunto dall’apprendimento individuale.
E’ molto probabile che nei nostri progenitori l’accrescimento degli emisferi cerebrali abbia coinciso nel tempo con il momento in cui la folgorazione del pensiero concettuale e del linguaggio verbale abbia reso ereditabili i caratteri acquisiti. Ciò, secondo Monod, deve avere provocato una pressione selettiva che deve avere indotto l’ingrossamento degli emisferi cerebrali. Aumentando la complessità del sistema nervoso centrale sia l’apprendimento individuale che la trasmissione da una generazione all’altra del sapere appreso cominciò a contribuire alla conservazione durevole delle conoscenze. Le informazioni acquisite vennero probabilmente immagazzinate progressivamente nel genoma. Ciò significa che se un uomo preistorico inventò l’arco e le frecce, questi strumenti diventarono dalla scoperta in poi un possesso comune non solo dei suoi discendenti, ma di tutta la sua società e forse dell’umanità.
Il diffondersi del sapere umano avvenne in modo veloce e meraviglioso! La trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti induce un’accelerazione dei tempi di evoluzione che interessa tutti i settori del sapere umano e che molto probabilmente è sufficiente, dopo un certo lasso di tempo, ad indurre la disgregazione delle singole civiltà umane.
La convivenza sociale dei primati preumani, come abbiamo accennato in altre occasioni, costituisce la premessa per cui dall’integrazione delle prestazioni cognitive è sorto quasi per “folgorazione” (Lorenz) il pensiero concettuale e, con esso, il linguaggio sintattico (Chomsky) e la tradizione accumulabile.
L’uomo moderno è cosciente solo in minima misura dell’enorme quantità di informazioni racchiuse nel suo cervello.
Ci sono studiosi che ritengono che la progressione culturale delle civiltà superiori si sia fondata sull’integrazione di sottosistemi preesistenti e fino ad allora indipendenti: evidentemente le civiltà superiori sono sorte spesso, secondo alcuni ricercatori, anche se non sempre, dal contatto fra una popolazione nomade e una sedentaria. L’innesto (Valery) di un bene culturale estraneo sembra aver dato l’impulso a folgorazioni culturali. Questo processo peculiare della storia della cultura è stato reso possibile dall’ereditarietà dei caratteri acquisiti. L’influsso che attraverso simili innesti le civiltà superiori hanno esercitato a vicenda deve essere stato notevole.
Scrive Freyer “se si confrontano fra loro frammenti tratti da esse, appartenenti a ordini di grandezza equivalenti, come ad esempio, le piramidi di Gizah, le rovine di Ur, il palazzo di Minosse a Creta, l’arte figurativa ittita, il passaggio dall’uno all’altro dei termini di paragone sarà ogni volta un tuffo in un altro mondo, che richiederà il massimo sforzo intellettuale per impedire che le diversità si acquisiscano in opposizioni”.
La tendenza del nostro cervello, infatti, è quella di vedere le diversità come opposti, ma questa suddivisione del mondo fenomenico risponde a un principio ordinatore innato in noi, è la coazione a priori del pensiero che ci appartiene. Questa caratteristica del pensiero ha avuto un’importanza notevole evolutivamente come principio ordinatore generale. A volte sforzarsi intellettualmente e pensare per concetti disgiuntivi può aiutarci a comprendere fenomeni che altrimenti rimangono ciechi nella nostra mente ed ha un effetto inibitore della conoscenza. La società umana è il più complesso dei sistemi viventi sulla terra. Mai come oggi, secondo molti studiosi, l’umanità si è trovata in pericolo. Secondo Lorenz potenzialmente la nostra civiltà è stata posta dalla riflessione scientifica nella situazione di potersi sottrarre a quella decadenza a cui sinora sono state destinate le civiltà superiori.
Concludo questa breve escursione scientifica con una affermazione di Lorenz “Finora nel nostro pianeta non si è mai dato il caso di un’autoanalisi riflessiva della cultura umana, come prima di Galilei non esisteva una scienza oggettivante della natura nel senso in cui la intendiamo oggi”. Questo potrebbe determinare quel salto evolutivo che potrebbe dare la possibilità di procedere verso un imprevedibile sviluppo superiore dell’umanità.
Giacoma Cultrera