Il disturbo fobico
L’organizzazione cognitiva del soggetto fobico oscilla tra due polarità emotive: il bisogno di essere protetti da un mondo pericoloso e un bisogno di libertà e indipendenza nell’ambito di quello stesso mondo. Questi soggetti hanno una spiccata tendenza a rispondere con ansia e paura alle perturbazioni del loro equilibrio affettivo, condizione che tendono a percepire come perdita di protezione o di libertà e indipendenza.
I soggetti fobici appartengono a famiglie, dove le figure parentali propongono un modello disfunzionale di attaccamento; infatti, le loro esperienze di maturazione sono caratterizzate da una limitazione indiretta del comportamento esploratorio del bambino.
I genitori pur essendo carenti di un reale calore emotivo, riescono a mantenere uno stretto rapporto con il bambino anche se ne limitano la fisiologica ricerca di autonomia, in quanto presentano il mondo esterno come pieno di pericoli e lo frenano attraverso minacce di abbandono. In tal modo forniscono un modello di attaccamento di tipo ansioso.
La limitazione del comportamento esploratorio avviene attraverso una iperprotezione, che pone l’accento su una descrizione continua del mondo esterno come minaccioso e pericoloso, mentre sottolineano la vulnerabilità del bambino nell’affrontare un ambiente così minaccioso. Spesso le paure di questi genitori possono imporre convalescenze molto lunghe dopo malattie infantili per paure di ricadute o restrizioni delle gite, dei giochi con i compagni, dei viaggi e via di seguito.
Questo tipo di genitore non rappresenta mai una base sicura per il bambino soprattutto nell’esplorazione, ciò fa sì che il bambino si senta molto insicuro fuori dall’ambiente familiare, poichè viene assalito dalla terribile paura di potere perdere i genitori quando non c’è!
L’immagine di sé e del mondo che il bambino fobico comincia a percepire è irrimediabilmente legata alla stretta vicinanza fisica con i genitori. Attaccamento e separazione sono classi di comportamento interdipendenti e coesistono nell’individuo per tutta la vita. Il soggetto fobico vive l’antitesi tra attaccamento e separazione. Questo avviene perché la tendenza a limitarne l’esplorazione dell’ambiente innesca un bisogno di libertà e indipendenza che viene frustrato in quanto implicherebbe l’allontanamento dalle figure ritenute affidabili con il rischio di rimanere in balia della propria fragilità. Dall’altra parte la percezione di un mondo pericoloso implica il bisogno di essere protetti e questo si traduce nella continua ricerca della figura di attaccamento con conseguente costrizione e limitazione della propria autonomia.
In età prescolare si strutturano le prime scene nucleari più ordinate e stabili che danno luogo a una circolarità ricorsiva oscillante tra polarità emotive opposte.
Nella fanciullezza con l’emergere del pensiero concreto il soggetto cerca di mantenere entro limiti di sopportabilità queste percezioni discrepanti: c’è la ricerca di stati intermedi, in cui un equilibrio dinamico viene ottenuto attraverso la strutturazione di modelli di controllo decentralizzato, che hanno come caratteristica l’esclusione selettiva di tutto quel flusso sensoriale in grado di attivare bisogni di libertà e indipendenza.
Nel corso dello sviluppo l’elaborazione cognitiva della maggior parte degli schemi emozionali è estremamente ridotta: succede che l’attivazione di questi schemi, che rimangono immagazzinati ma non elaborati, si esprima soprattutto attraverso reazioni viscero-muscolari che si accompagnano all’affiorare di sensazioni ed immagini che rimangono ad uno stato piuttosto nebuloso. La paura diventa l’emozione più strutturata nell’ambito della gamma emotiva. I domini principali su cui ruota l’identità personale non si basa su eventi realmente accaduti, quanto sull’immaginazione di possibili rischi e pericoli. L’unica vera esperienza perturbante che riguarda la limitazione ad esplorare l’ambiente rimane seppellita a livello tacito e sarà sempre difficile per il soggetto esplicitarla e verbalizzarla.
Nell’adolescenza il soggetto con organizzazione cognitiva personale fobica identifica il suo sé reale con il bisogno di libertà e aderisce ad un’immagine da cui sono rigidamente esclusi debolezza, sentimenti, paura, che lo spingerebbero a percepirsi come dipendente da figure significative. Ciò porta all’elaborazione di capacità di controllo di sè, degli altri e dell’ambiente sempre più sofisticati ed in grado di escludere tutto quel retroterra emozionale che scatenerebbe delle crisi.
Lo stile affettivo fobico è caratterizzato dal tentativo costante di avere sempre a disposizione una possibile figura di riferimento affettivo, evitando accuratamente un coinvolgimento emotivo stabile. Gli uomini hanno atteggiamenti brillanti, estroversi, che consentono loro di potere derivare da questi legami un senso di protezione tale in modo da potere allontanare il pericolo di rapporto stabile o di un matrimonio (spesso occasioni di scompenso). Le donne spesso presentano disfunzioni orgasmiche, che sono decodificate come il tentativo quasi deliberato di mantenere il controllo di situazioni avvertite come estremamente attivanti e coinvolgenti.
Praticamente l’attitudine ipercontrollante verso di sé e verso la realtà, che emerge progressivamente dalla risoluzione adolescenziale, è la strategia di base per raggiungere uno pseudoequilibrio fra le istanze opposte di libertà e protezione. Il soggetto fobico non è in grado di elaborare adeguatamente tutte le sfumature inerenti la formazione e rottura di un legame affettivo.
Disequilibri indotti da oscillazioni critiche possono provocare un ampliamento della gamma delle emozioni decodificabili, slittando verso livelli più complessi ed integrati dei repertori emozionali.
Eventi capaci di innescare oscillazioni critiche alla base di un quadro agorafobico di scompenso clinico possono essere divisi in due grandi categorie. A volte situazioni reali o immaginarie possono attivare grandi paure di solitudine incombente e compaiono crisi di panico. In altri casi la paura di solitudine comincia con la perdita di una persona, la morte di un genitore o l’abbandono di un coniuge.
Modificazioni dell’equilibrio di un rapporto affettivo significativo che possono essere percepite come perdita di libertà e indipendenza e che attivano sensazioni forti e incontrollabili inducono anch’esse uno scompenso. Ad esempio degli attacchi di panico possono insorgere in stretta correlazione con il matrimonio o con la nascita di un figlio.
Queste oscillazioni emotive intollerabili per il soggetto a livello esplicito vengono categorizzate come una paura pervasiva che da luogo a crisi di panico. La maggior parte delle volte queste crisi si traducono in forme di perdita della coscienza, svenimenti o presunti attacchi cardiaci.
A livello tacito la paura della solitudine e della costrizione e sempre connessa alla paura di perdita del controllo e la realtà viene percepita come coercitiva e pericolosa. La solitudine è definita dall’assenza di una figura protettiva nelle immediate vicinanze; la costrizione è configurabile in tutte quelle situazioni che vengono avvertite come limitanti del movimento fisico: traffico stradale, ascensori, posti affollati, autobus, metropolitana ecc….
In un secondo momento mi soffermerò sulla terapia di questi disturbi. E’ già molto importante se abbiamo compreso secondo un’interpretazione cognitiva la dinamica in base alla quale si struttura e slatentizza la fobia con attacco di panico.
Giacoma Cultrera