Il disturbo acuto da stress
Si tratta di un disturbo che è considerato prodromo del disturbo post-traumatico da stress acuto, poiché le condizioni che li determinano sono le medesime. Viene considerato e rappresenta un’anticamera psicopatologica dal punto di vista clinico.
I sintomi fondamentali sono costituiti da ansia e stati dissociativi, che si manifestano entro un mese dall’esposizione all’evento estremo. La sua durata varia da due giorni a quattro settimane. Se i sintomi persistono entra nella categoria diagnostica sopra citata del disturbo post-traumatico da stress acuto.
L’incidenza di questi casi è solitamente molto elevata nelle popolazioni esposte a gravi disastri. Naturalmente l’intensità della manifestazione dell’evento, il coinvolgimento eccessivo da parte del soggetto, la durata dello stress e, secondo alcuni, la presenza di precedenti disturbi mentali predispongono allo sviluppo della manifestazione psicopatologica.
Quando si è esposti ad eventi traumatici è normale che il nostro sistema mentale attivi, come evolutivamente selezionati, programmi reattivi allo stress. In questi soggetti, però, si riscontra che in condizioni basali la reazione allo stress permette di rilevare delle alterazioni del sistema neurovegetativo con un consistente incremento della sua attività, per cui si registra un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e della motilità intestinale. C’è anche un’attivazione di differenti assi neuroendocrini con un aumento di cortisolo, catecolamine, vasopressina, ACTH, prolattina, ormone somatotropo, mentre viene ridotta la produzione di ormoni sessuali.
Si tratta di soggetti che dal punto di vista neurovegetativo fanno rilevare la facilità con cui entrano in uno stato di allarme che può avere durata variabile, da pochi minuti a diverse ore. A questa attivazione generalizzata segue, dopo, una fase di resistenza.
Il quadro clinico si manifesta precocemente dopo l’esposizione allo stress, in genere 48 ore, ed è accompagnato da forte ansia e note dissociative. I sintomi psicotici sono di torpore, mancata reattività emozionale, fenomeni di derealizzazione e di depersonalizzazione, amnesia dissociativa e forte riduzione della consapevolezza dell’ambiente in cui si trovano.
Questi segni sono in sintonia con i meccanismi psicopatologici propri delle alterazioni dello stato di coscienza, perché sono indebolite le capacità integrative dell’esperienza di sé e la conseguente autoconsapevolezza che ne deriva.
Il decorso naturale va dalla remissione spontanea in base all’entità del trauma subito all’evoluzione verso un disturbo post-traumatico da stress conclamato.
È importante mettere in evidenza come se nel quadro clinico si sovrappongono sintomi psicotici non possiamo più parlare di Disturbo acuto da stress, bensì di un Disturbo psicotico breve. Dal punto di vista diagnostico deve essere escluso l’uso da parte di queste persone di sostanze psicoattive concomitanti o conseguenti al trauma. Allo stesso modo la diagnosi differenziale va fatta con l’aggravamento di un disturbo di ansia generalizzato, di un disturbo di attacco di panico o di un episodio depressivo.
Il trattamento di questo disturbo ci obbliga a considerare diversi aspetti:
- È necessaria la valutazione clinica dello stato fisico e, quindi, rilevare se sono presenti ferite o lesioni che richiedono un trattamento medico netto al fine di evitare eventuali complicanze mediche. Ad esempio, nei soggetti che sopravvivono a catastrofi a distanza di poco tempo vanno curate ulcere da stress, stati ipertensivi e spesso aritmie cardiache anche letali. Parliamo, quindi, di quadri clinici che possono imporre la necessità di un ricovero ospedaliero.
- È necessario il controllo dei disturbi mentali che i soggetti presentano dall’ansia, all’agitazione, a possibili disturbi del sonno, a stati dissociativi attraverso opportuni interventi farmacologici che prevedono l’utilizzazione di benzodiazepine e neurolettici. A seconda dell’acuzie sintomatologica sarà lo specialista a decidere se il soggetto può essere curato a casa oppure se è più opportuno ricorrere all’ospedalizzazione.
- Fondamentale da parte del curante è la necessità di prevenire l’uso di sostanze come effetto lenitivo da parte del soggetto. Infatti, la comorbidità con l’abuso di sostanze, come alcool o stupefacenti, è molto elevata e il trattamento anche con antidepressivi e stabilizzanti del tono dell’umore spesso aiuta a prevenire questa complicanza.
- Lo specialista deve essere in grado di fare diagnosi differenziale tra l’elaborazione del lutto e l’esordio di un disturbo depressivo. Naturalmente la fase di elaborazione del lutto che fa seguito ad uno stupro, ad una catastrofe o alla morte di più persone care presenta un’evoluzione lenta con fasi di angoscia, disperazione che non devono essere soppresse. Non sempre questa distinzione è semplice, poiché nella valutazione diagnostica il tempo ha un ruolo fondamentale.
- In tutti questi pazienti diventa fondamentale il supporto psicoterapico per dar loro modo di rielaborare le emozioni esperite e confrontarsi gradualmente con la violenza del trauma che hanno subito. Sebbene la sistemazione di una condizione emotiva di sicurezza appaia come uno dei primi obiettivi da realizzare, tuttavia a volte è arduo perché ci si può imbattere nell’ostilità del paziente che mostra reazioni aggressive anche verso il terapeuta. Il supporto di familiari e amici è spesso molto valido affettivamente, purtroppo essi stessi nella maggior parte dei casi necessitano di sostegno ed informazioni per interagire con il paziente. La psicoterapia cognito-comportamentale si è rivelata molto valida soprattutto quando facilita l’espressione ed il confronto tra persone colpite da life events oltre che agire sul piano della ricostruzione individuale del soggetto in trattamento.
Giacoma Cultrera
L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.