I sistemi motivazionali nell’uomo
I sistemi motivazionali si sono selezionati nel corso dell’evoluzione nei primati e nell’uomo. Nell’ambito della scienza cognitiva si parla di “tendenze” molto forti, di propensione ad agire verso obiettivi specifici e non di schemi rigidi e fissi o di scariche pulsionali. Esse inducono a seguire particolari interazioni fra organismo e ambiente, anche quello sociale. Durante l’evoluzione si pensa che queste tendenze ad agire siano state selezionate nel momento in cui risultarono favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione del singolo organismo.
Questi processi sono universali e agiscono in tutti gli individui della specie; essi non riguardano solo la nicchia ecologica in quanto vengono influenzati sia dalle situazioni ambientali immediate sia dall’assetto genetico individuale che dalla cultura di appartenenza.
La neurobiologia e l’evoluzionismo secondo Edelman (1989) descrivono bene la dialettica continua che esiste fra i processi di apprendimento legati all’esperienza individuale e la base universale e innata dei sistemi motivazionali. Ogni comportamento, di conseguenza, è espressione di un confronto dinamico fra la tendenza a perseguire questi adattamenti comportamentali motivati, sostanzialmente innati, e la memoria di precedenti interazioni organismo-ambiente.
Scrive Liotti G. “Le conoscenze accumulate sull’evoluzione del cervello, del comportamento e della mente nei vertebrati convergono nel sostenere la validità di una prospettiva insieme storica e gerarchica, che considera i processi regolanti la condotta nell’ambiente non-sociale come i primi a comparire storicamente, e come quelli che rimangono poi a fondamento della struttura gerarchica prodotta dall’evoluzione”. Nella storia evoluzionistica in tempi più recenti e gerarchicamente sovraordinati si pongono i processi che partendo dalle strutture biologiche hanno favorito lo sviluppo della cultura umana.
Il primo livello di quest’architettura dei sistemi motivazionali è quello “rettiliano”, significa che è costituito dalle reti neuronali che vanno a formare il tronco encefalico e i nuclei della base. Sono i sistemi primordiali a livello cerebrale che vigilano i comportamenti e le funzioni fisiologiche necessari al mantenimento dell’omeostasi corporea (sonno, termoregolazione, respirazione et al.). Accanto a queste funzioni-controllo tale sistema soprassiede alcuni comportamenti fondamentali per la sopravvivenza della specie tipo lo schema di lotta e fuga, l’esplorazione dell’ambiente, l’approvvigionamento di cibo sia attraverso la predazione che la raccolta. Questo livello motivazionale è comune a tutti i vertebrati. A queste funzioni va aggiunta una forma di sessualità arcaica e “anonima”, perché non comporta nessun riconoscimento durevole del partner. La sessualità che osserviamo nei pesci, negli anfibi o nei rettili si basa su una strategia riproduttiva che preserva una notevole numerosità della prole, ma non la formazione di una coppia sessuale.
Le reti neuronali localizzate nell’amigdala, nel giro cingolato, cioè nel sistema limbico vanno a costituire il secondo livello dell’architettura motivazionale; infatti, è formato da sistemi che regolano la comunicazione tra i membri di un gruppo sociale in quelle specie animali, come uccelli e mammiferi, che sono in grado di riconoscimento durevole tra conspecifici interagenti. La richiesta di cura e di vicinanza protettiva, l’offerta di cura, le condotte aggressive ritualizzate che mediano la competizione per il rango sociale e la formazione di coppie che durano nel tempo, almeno fino alla crescita della prole, sono presenti in quasi tutte le specie dei mammiferi. Essi costituiscono altri quattro sottosistemi motivazionali che possono essere attribuiti alle competenze sviluppate sempre con la comparsa del sistema limbico, cioè del cervello antico-mammifero. Le posture, le vocalizzazioni e le mimiche facciali della sfida, ma anche i segnali di resa emessi dallo sconfitto in una competizione per il rango sono fortemente simili nelle diverse specie di mammiferi osservate dagli etologi (Eibl-Eibesfeldt, 1984; Gilbert, 1989, 1992). Questi comportamenti condivisi descritti possono essere assegnati sempre al sistema limbico. Nell’uomo, invece, è possibile identificare un quinto sottosistema motivazionale: quello che regola le condotte cooperative e la dimensione dell’intersoggettività. Possiamo affermare che tutta la vita interpersonale dell’uomo deriva dai diversi intrecci, sviluppi e combinazioni di questi sistemi già universalmente presenti nei primati.
Variazioni e combinazioni più sofisticate che avvengono in funzione della cultura e dell’apprendimento sono prerogativa delle reti neurali della neocorteccia e rappresentano la premessa fondamentale per i sistemi cerebrali/mentali dell’uomo, oltre che il terzo livello motivazionale. Secondo gli studiosi (Liotti) questo adattamento ha riguardato un potenziamento del sistema cooperativo, che ha reso l’uomo capace, sin dalle prime fasi della vita extra-uterina, di percepire l’altro come simile a sé nell’intenzionalità al di là delle differenze. Dallo sviluppo di questa capacità sarebbe derivata intanto l’intersoggettività e progressivamente il linguaggio, la coscienza, l’esplorazione del mondo dei significati che genera le culture umane.
Sembra chiaro che i sistemi motivazionali contribuiscano ad indurre discontinuità tra gli eventi della nostra esperienza e che da questa derivino le strutture di significato come la memoria o il pensiero.
L’operare dei sistemi motivazionali interpersonali si colloca al di fuori dell’esperienza cosciente. Ne consegue che le strutture di significato personale che possono essere costruite nella memoria ed elaborate nel linguaggio e nel pensiero siano intrise di emozioni, percezioni interpersonali e di intuizioni delle motivazioni che sottendono l’incontro tra sé e l’altro.
Da quanto descritto deduciamo che secondo la prospettiva evoluzionista il pensiero concettuale e discorsivo è intensamente interconnesso all’esperienza emozionale ed alle intenzioni, inserendole in un contesto vasto di conoscenza condivisibile con i membri del gruppo sociale e con la cultura prodotta. All’inizio della vita il bambino è guidato dagli adulti che entrano in contato con lui e che sono in costante dialogo col bimbo, avviando quel processo mentale di riferire emozioni e intenzioni a strutture linguistico-concettuali. Ciò comporta che questi due elementi strutturali possano essere riconosciuti correttamente nell’attività referenziale che li connette al pensiero discorsivo e concettuale.
Secondo queste teorie è proprio il rapporto fra emozione e motivazione con il suo fondamento innato e preconcettuale a permettere di discriminare fra validazione dell’emozione e invalidazione. In conclusione deduciamo che i sistemi motivazionali interpersonali sono i principi organizzatori fondamentali di ogni interazione umana. Possono operare al di fuori della coscienza, ma anche diventare oggetto di coscienza riflessiva.
Giacoma Cultrera
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