I fenomeni di discontinuità della coscienza

La coscienza sta alla base della conoscenza ma la sua natura è poco definibile. Intuitivamente tutti la esperiamo come un processo continuo. In essa confluiscono le informazioni che i diversi organi raccolgono sul mondo esterno e le mette in relazione integrandole con la percezione corporea, con i ricordi, i sentimenti, i pensieri e con i comportamenti che adottiamo. La coscienza ha la prerogativa di unificare in un continuum ininterrotto tutti i frammenti di esperienza che contribuiscono a costituire le nostre vite. Questa continuità nel divenire temporale la lega profondamente alla memoria.

I ricordi sono parte integrante della coscienza; infatti, quando ci sono lesioni neurologiche che provocano un’alterazione della memoria, queste comportano sempre una ristrutturazione della coscienza. Infatti la coscienza sembra essere più un processo che emerge non tanto dalla memoria in sé quanto dalla interazione tra memoria e realtà esterna all’individuo (Liotti G.). Pertanto la coscienza è un processo mutevole per sua intrinseca natura, è un flusso che nel suo divenire temporale passa da uno stato all’altro con contenuti di pensieri, sensazioni, emozioni diversi di volta in volta.

Liotti fa un esempio molto chiarificatore: ci invita ad immaginare la coscienza come un fascio di luce, la cui ampiezza ed intensità variano e a tratti si può interrompere del tutto. Essa appare connessa anche alla volontà ed alla libertà, dal momento che in base ai piani ed alle intenzioni dell’individuo la coscienza si rivela pienamente nella scelta fra due o più piani di azione. La coscienza è un processo sequenziale in cui le informazioni vengono elaborate in successione e lentamente, invece i processi mentali taciti elaborano le informazioni rapidamente e “in parallelo”. I due sistemi “conscio” ed “inconscio” si potenziano reciprocamente. Dal punto di vista dell’evoluzione della specie e nella crescita individuale l’elaborazione conscia è quella che si è sviluppata più tardi. E’ probabile che i processi paralleli inconsci abbiano ricevuto nel corso dell’evoluzione un’ulteriore spinta dall’emergere della coscienza.

Dal punto di vista fisiologico la coscienza è mutevole ed interrotta proprio da fenomeni fisiologici relativi alla percezione, come il sonno profondo, il vuoto percettivo del punto cieco retinico, le discontinuità legate ai movimenti saccadici degli occhi. Eppure di queste lacunosità noi non ne percepiamo i confini e ne siamo inconsapevoli, per cui nello stato di veglia il flusso della coscienza ci appare pieno e continuo. La coscienza di ordine superiore, esclusivamente umana, è correlata alla relazione fra il sè sociale e il non sé e per svilupparsi richiede la presenza del linguaggio, inteso come strumento continuo di comunicazione fra le persone. Sembra che una delle condizioni necessarie per la formazione della coscienza sia la disposizione innata a strutturare relazioni di attaccamento fin dall’inizio della vita.

Abbiamo descritto questi elementi neuro-fisio-psicologici della “coscienza” proprio perché dobbiamo distinguerli dai fenomeni di “discontinuità della coscienza”, marcatamente evidenti in alcune sindromi psicopatologiche. La caratteristica fondamentale dei disturbi dissociativi è la perdita dell’impressione soggettiva di continuità della memoria e della coscienza. Fenomeni di depersonalizzazione, derealizzazione, amnesie lacunari, minacciosi sintomi di irrealtà, come se si entrasse in un incubo ad occhi aperti, sono sintomi che fanno sospettare un disturbo dissociativo. Il paziente perde, in questi casi, la fluidità e la coerenza dell’eloquio, mentre il comportamento espressivo e motorio diventa chiaramente disorganizzato e disorientato.

Quando tali alterazioni dello stato di coscienza si susseguono con frequenza, la perdita della continuità dell’esperienza soggettiva costituisce il punto focale del quadro clinico.

Possiamo trovare questi sintomi nel “ Disturbo di personalità multipla”, nel “Disturbo dissociativo atipico, nel “Disturbo borderline di personalità”, nel “Disturbo schizotipico di personalità” ed in altri.

Nel Disturbo di depersonalizzazione le sensazioni sono terrificanti, perché il paziente avverte una trasformazione dello schema corporeo, che si associa ad uno stravolgimento della propria esperienza soggettiva di pensiero ed emozione. Ci possono essere attacchi di panico e interruzioni della coscienza che assomigliano a trance ipnotiche oppure dominano i fenomeni oniroidi e allucinatori.

Molti studiosi ritengono che le anomalie della coscienza osservate nei disturbi dissociativi e soprattutto il loro mantenimento possano essere sostenute da relazioni interpersonali sfavorevoli. (Liotti G. ).

Il sistema cooperativo è quello che si è sviluppato più recentemente dal punto di vista della selezione naturale ed è quello che richiede l’uso di capacità cognitive sofisticate. La difficoltà a costruire relazioni paritetiche è legata a tutta una serie di distorsioni della comunicazione. Affinchè una relazione sia paritetica è necessario che lo spostamento del focus dell’attenzione sia esplicitamente riconosciuto, reciprocamente, da entrambi i soggetti che comunicano.

Una relazione che deve essere terapeutica deve dare la possibilità di esperire una pariteticità e libertà di comunicazione con il terapeuta. Una delle strategie che il terapeuta può mettere in atto è la definizione di un obiettivo condiviso, questi pazienti sono in genere incapaci di rispondere con coerenza a questo tipo di richiesta.

Tali persone hanno spesso relazioni caotiche, infelici, limitanti e non hanno avuto accesso nella coppia ad una esperienza rassicurante ed accudente. Non sono psicoterapie facili, ma il loro obiettivo consiste nel fare acquistare nuova coesione al dialogo interno fra il sé e l’altro con cui il soggetto si percepisce. La costruzione di nuove relazioni deve essere basata su una pariteticità che il soggetto non è stato abituato ad esperire e che lo ha danneggiato fortemente nel profondo senso del Sé. L’intersoggettività paritetica durante la psicoterapia diventa un modello da seguire, mentre devono essere abbandonate le relazioni penalizzanti. Le nuove relazioni hanno un valore-guida, perché andranno a sostenere la costruzione di un sé coeso e daranno sostegno alla continuità della coscienza.

                                                       Giacoma Cultrera

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