I disturbi dello stato di coscienza
L’articolo tratta più da un punto di vista nosografico le fratture della coscienza che rappresentano un comune denominatore di tanti disturbi psichiatrici.
Ci sono sindromi psichiatriche che si manifestano con quadri fenomenici di notevole gravità, come quelli legati ai disturbi di coscienza, e possono essere conseguenza di stati tossici o lesionali. Si possono o associare al grave quadro clinico del Delirium, oppure si osservano in malattie organiche gravi o in quadri demenziali.
Secondo il DSM il Delirium è una sindrome in cui si evidenzia un’alterazione dello stato di coscienza, cioè una riduzione generale della lucidità nella percezione dell’ambiente, unito ad una ridotta capacità di focalizzare, di mantenere o spostare l’attenzione, ad un deficit di memoria, a disorientamento, ad alterazioni del linguaggio. Le alterazioni si sviluppano nell’arco di pochi giorni e mostrano la tendenza ad essere accompagnate da repentine fluttuazioni giornaliere, cioè oscillazioni rapide dell’umore, con manifestazioni di rabbia, aggressività, paura immotivata, apatia, depressione.
Sebbene il Delirium sia un quadro clinico che impone l’identificazione della causa organica sottostante, spesso per la sua gravità richiede un intervento di urgenza, che ha come obiettivo quello di ripristinare le condizioni generali del paziente.
L’alterazione della memoria si accompagna anche ad afasia, aprassia, agnosia o a disturbo delle funzioni esecutive.
Le alterazioni del normale stato di coscienza in condizioni di veglia si manifestano attraverso segni e sintomi. Nessuno singolarmente depone per un’alterazione dello stato di coscienza, ma la presenza di più segni determina i cosiddetti “clusters” che esprimono diversi livelli di destrutturazione della coscienza.
Bisogna distinguere i sintomi negativi dei disturbi di coscienza che sono rappresentati da:
- Riduzione e perdita della capacità di elaborare gli stimoli esterni.
- Riduzione e perdita della capacità di direzionare l’attenzione.
- Riduzione e perdita del controllo sulla comunicazione.
- Riduzione e perdita della capacità di autocollocazione nel tempo e nello spazio.
- Riduzione e perdita della capacità di serializzare finalisticamente il comportamento.
Questi vanno distinti dai i sintomi positivi dei disturbi della coscienza che sono costituiti da:
- Alterazioni dei parametri spazio/tempo.
- Alterazioni della logica.
- Alterazioni del giudizio di realtà.
- Alterazione delle funzioni percettive.
Sia i sintomi positivi che quelli negativi possono presentarsi con diversi livelli di gravità non necessariamente correlati tra loro.
Il livello minimo presenta una serie di sintomi negativi di ridotta entità, sono oscillanti, reversibili sotto stimolazione e variabili nella durata. Il senso di realtà e la capacità di distinguere tra realtà esterna e interna è ancora parzialmente sotto controllo.
Il livello massimo è caratterizzato dalla presenza di sintomi negativi di notevole gravità, mentre la produzione di sintomi positivi è caotica e disordinata. La capacità di distinguere tra realtà interna ed esterna è completamente perduta.
La variabile temporale è di notevole importanza per caratterizzare i fenomeni di alterazione dello stato di coscienza. In genere i disturbi della coscienza hanno un inizio acuto se avviene nell’arco di giorni o acutissimo se avviene nell’arco di ore o di minuti. La rapidità con cui insorge la discontinuità dello stato di coscienza dipende dal disturbo psichiatrico di base a cui è connesso. Queste alterazioni si accompagnano spessissimo alla comparsa di un quadro acuto di schizofrenia a sintomi positivi o di un quadro maniacale, o ancora di una psicosi breve. Dall’osservazione clinica una considerazione che si ricava puntualmente è che tanto più rapido è il cambiamento dello stato funzionale del cervello, qualunque sia la causa che lo ha provocato, tanto più probabile è la comparsa dell’alterazione della coscienza. La destrutturazione della coscienza si modifica molto velocemente nella maggior parte dei casi, tranne che nelle forme più gravi di Delirium.
La memoria dell’evento esperito è strettamente legata al corretto funzionamento dell’attività di coscienza. Non tutto ciò che entra nello stato di coscienza viene memorizzato, bensì solo ciò che è caratterizzato da una connotazione emotiva particolarmente rilevante.
Il funzionamento dei processi attentivi è abbastanza alterato sia come durata che adattabilità allo stimolo esterno. Di conseguenza, la memorizzazione del vissuto è parallelamente modificata. In tal modo nel Delirium c’è l’impossibilità di rievocare le esperienze vissute durante l’episodio, negli stati oniroidi delle psicosi brevi i ricordi sono sovente frammentari, negli stati crepuscolari il ricordo del vissuto viene rievocato nelle fasi immediatamente successive all’episodio, ma dopo tende ad essere dimenticato.
La riduzione, la perdita o il malfunzionamento dell’attività integrativa centrale con la comparsa del quadro clinico hanno la caratteristica tipica della dimensione psicopatologica. Infatti, le alterazioni della coscienza non sono inquadrabili in modo categoriale, ma si manifestano come disturbi di una funzione specifica che possono essere presenti in varia misura in tutte le patologie psichiatriche.
La dimensione psicopatologica rappresenta l’estremo patologico di un continuum funzionale che vede all’altro capo la normalità.
Le variazioni dello stato di coscienza diventano così un fattore di modulazione del quadro clinico sulla base di un continuun che varia tra l’assenza di alterazioni specifiche fino all’estremo della disorganizzazione totale.
Giacoma Cultrera
L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.