I disturbi alimentari psicogeni e l’organizzazione di conoscenza
In soggetti che hanno una percezione vaga e indefinita di sé il nucleo di personalità si organizza intorno a confini oscillanti tra il bisogno assoluto di approvazione da parte delle persone significative e la paura fortissima di non avere la loro approvazione. La caratteristica patognomonica di queste persone è la tendenza a reagire a ogni perturbazione dell’equilibrio tra queste polarità emotive con un’alterazione dell’immagine corporea attraverso un comportamento alimentare patologico: anoressia, bulimia, obesità, sindrome di bagordi e purghe.
Questi soggetti hanno alle spalle un modello disfunzionale di attaccamento. Ciò significa che sin dalla primissima infanzia questi bambini hanno avuto uno stile di attaccamento indefinito, per cui il bambino può raggiungere una percezione stabile di sé solo attraverso un rapporto invischiante con la figura di attaccamento. Dall’altra parte durante la fanciullezza e poi l’adolescenza esperisce una delusione nei confronti della medesima figura di attaccamento.
L’ambiente familiare di questi pazienti è caratterizzato da una comunicazione ambigua, contraddittoria spesso camuffata. I genitori sono concentrati sugli aspetti formali della vita e sono assillati dalle apparenze sociali. Il loro intento è di dare al bambino l’immagine di un matrimonio felice e riuscito, di conseguenza evitano l’espressione di emozioni o opinioni che possono rivelare la presenza di problemi. Questi genitori mascherano ogni difficoltà, tendono a dare un’immagine di figure di accudimento che si dedicano completamente all’educazione ed al benessere dei figli. Le madri, ad esempio, sono completamente concentrate sul bambino, ma non ne ricavano alcun piacere, il loro controllo prevale sulla tenerezza e sul calore emotivo. In questo contesto familiare non c’è possibilità di esprimere emozioni e opinioni autonome. Minuchin Rosman e Baker hanno utilizzato il termine “invischiamento” per dire che vi è una scarsa differenziazione a livello individuale, per cui in queste famiglie il soggetto si perde nel sistema. Il bambino sviluppa una tendenza a ritenere inaffidabile la propria capacità di riconoscere e decodificare bene i suoi stati interiori. All’interno di questo percorso l’unica possibilità di raggiungere una percezione di sé stabile e definita dipende dall’adesione completa alle aspettative del genitore visto come modello assoluto. Questa demarcazione indistinta tra sé e l’altro porta l’adolescente a sperimentare la spinta al distacco dai genitori come conseguenza della delusione profonda provata nei loro confronti ed emerge una “solitudine epistemologica” (Guidano). I modelli di attaccamento invischiante ostacolano l’emergere del suo “essere separato” dando origine a una definizione precaria. In una fase cognitiva in cui il bambino avrebbe dovuto imparare a ordinare le proprie sensazioni la sua attenzione è ancora incentrata sui genitori. L’adesione alle idee di perfezione dei genitori rappresenta l’unico strumento per ottenere un livello accettabile di autostima e di valore personale.
Nella rivoluzione adolescenziale quando emergono le abilità cognitive superiori, questa acquisizione coincide con la manifestazione di uno squilibrio, perché viene inevitabilmente relativizzata l’immagine assoluta dei genitori su cui si basavano la stabilità ed accettabilità. L’impegno a contrapporsi a un mondo disconfermante induce questi soggetti ad esibire comportamenti autosufficienti e controllati, grazie ai quali riescono a mantenere entro limiti accettabili il senso di vuoto e incapacità. Questa “attribuzione causale esterna” (Guidano) si accompagna ad un’attivazione viscerale e motoria che può dare luogo all’anoressia.
Sono in grado di avvertire un senso del sé come capace e affidabile solo nella misura in cui riescono a manipolare il giudizio degli altri a proprio favore e ricavano una individualità più definita solo grazie alla capacità di opporsi. Essere grassi diventa il modo per rappresentare il fallimento avvertito, invece l’anoressica, più attiva, lotta contro questa immagine tramite un ipercontrollo degli impulsi biologici, al contrario l’obesa rinuncia rapidamente alla lotta.
Comprendiamo bene come l’equilibrio così raggiunto contiene al suo interno tutto un insieme di discrepanze e incongruenze, tra queste quella predominante è la tendenza a produrre eventi interpersonali che si prestano facilmente ad essere interpretati come delusione. Gli squilibri e le oscillazioni che avvertono questi soggetti li controllano e li spiegano attraverso modificazioni della loro immagine corporea prodotta da alterazioni del comportamento alimentare. Gli eventi che più facilmente attivano le oscillazioni critiche sono: le variazioni in un rapporto interpersonale avvertito come significativo e a livello esplicito il senso di inconsistenza e incompetenza personale che si traducono nell’avere un’immagine corporea inaccettabile, infine a livello tacito la componente motoria e neurovegetativa che si accompagna all’arousal delle oscillazioni perturbanti tende ad essere realizzata senza alcun controllo nelle corrispondenti alterazioni del comportamento alimentare e motorio.