Le cefalee primarie
Le cefalee primarie sono quelle non riconducibili ad un danno organico evidente e dimostrabile e rappresentano un disturbo soggettivo che non può essere diagnosticato attraverso dati di laboratorio, ma solo sulla base della descrizione dei sintomi che viene fatta dal paziente. Bisogna valutare i sintomi sulla base della durata, della tipologia, della frequenza e dell’intensità; essi sono nella maggior parte dei casi episodici e presentano una variabilità interindividuale notevole.
La cefalea primaria colpisce maggiormente il sesso femminile rispetto a quello maschile. Si tratta di una patologia complessa forse con alla base qualche disfunzione neurovascolare che rende il soggetto particolarmente sensibile e vulnerabile ad un nutrito numero di fattori in grado di indurre gli attacchi. Gli elementi di innesco agiscono riducendo la “soglia emicranica” e facilitando il precipitare degli insulti emicranici.
Si pensa che la componente genetica influenzi fortemente tale soglia individuale. Tuttavia, ad essa si sovrappongono una serie di determinanti ambientali che agiscono in senso modulatorio e che, ad esempio, sono rappresentate dall’interazione genotipo-ambiente, dall’espressività fenotipica, dall’età, dallo stile di vita, dalla reattività neuro- endocrina e da altre condizioni organico-relazionali.
Su questo tratto emicranico predisponente intervengono in modo incidentale una moltitudine di fattori interni ed esterni precipitanti, quali le fluttuazioni ormonali, il ritmo sonno-veglia, diversi elementi psicosociali come stress, disturbi ansioso-depressivi, oppure sostanze vasoattive, come, ad esempio, gli antalgici che modificano rapidamente la soglia emicranica, scatenando l’ennesimo episodio.
Alcuni ipotizzano che in queste forme di cefalee ci sia, comunque, uno stato di diseccitabilità neuronale latente, che sarebbe conseguenza di una disfunzione geneticamente determinata dei canali ionici. Questa instabilità neuronale farebbe comprendere le anomalie elettrofisiologiche che si riscontrano nell’intervallo tra le crisi e che possono dar luogo a fenomeni del tipo “spreading depression corticale” con conseguente attivazione del sistema trigemino vascolare.
L’attivazione delle afferenze sensitive del trigemino si associa a liberazione a livello locale di neuropeptidi e a formazione di ossido nitrico, sostanze che provocano vasodilatazione e aumento della permeabilità vascolare inducendo una infiammazione neurogena, che a questo punto è responsabile di modifiche biochimiche e del flusso ematico sia intra che extracranico e anche di impulsi nocicettivi lungo le vie nervose afferenti che raggiungono il nucleo caudato del trigemino.
È stato messo in evidenza anche un coinvolgimento del tronco encefalico nelle sue componenti controlaterali al dolore e più esattamente nel nucleo dorsale del rafe e nella parte dorsolaterale del ponte.
Un’ampia multifattorialità sottende anche le cefalee tensive e ciò non permette di individuare i meccanismi eziopatogenetici che stanno alla base di queste. Alla valutazione clinica e strumentale un’aumentata sensibilità delle componenti miofasciali pericraniche è elemento di riscontro comune. Si ritiene che questi segni semeiotici clinici possano derivare da differenti condizioni transitorie o permanenti, legate a situazioni anatomiche o parafisiologiche, come disordini oromandibolari, posture viziate non fisiologiche, traumatismi. Tali alterazioni possono essere influenzate anche da disordini affettivo-emozionali oppure da processi di sensibilizzazione dei sistemi di controllo del dolore.
In condizioni normali, quando si verifica un aumento del traffico di impulsi afferenti dai recettori o dai nocicettori posti nella regione miofasciale pericranica questo viene controbilanciato dai meccanismi centrali della nocicezione.
Nei soggetti predisposti l’incremento di fattori precipitanti protratti come un lungo viaggio, stress psicosociali, mancanza di un adeguato riposo, l’aumento degli impulsi nocicettivi può rendere meno validi i meccanismi di controllo del dolore e scatenare l’episodio della cefalea tensiva.
Ambienti poco favorevoli, disturbi psicoaffettivi, scarse capacità adattive e di problem solving creano le condizioni a che si instauri un circolo vizioso, con processi di sensibilizzazione dei nocicettori periferici e centrali, per cui anche stimoli “sottosoglia” diventano capaci di scatenare l’episodio emicranico.
Così si giunge gradualmente alla cronicizzazione della cefalea.
Questi soggetti tendono a scadere nell’attendere alle normali attività quotidiane, nella gestione dei ruoli sociali, scade la loro capacità intellettiva così come diventa molto instabile il loro stato emozionale. Si tratta di soggetti che fanno registrare nel tempo una progressiva perdita della loro produttività lavorativa, perché accumulano molti giorni di assenza sul lavoro e anche l’efficienza nel portare a termine un compito specialistico diventa sempre più scarso.
L’impatto economico della cefalea è notevole soprattutto per le forme più disabilitanti, i costi ricadono sulla società per l’impatto negativo che la patologia ha sul soggetto.
Sarebbe necessario promuovere screening presso la popolazione generale e nei luoghi di lavoro al fine di individuare e quantificare i soggetti affetti dalla patologia e indirizzarli dal medico. Spesso accade che il soggetto non ha adeguata coscienza di ciò da cui è affetto. Dopo l’invio alla medicina generale è compito del medico inviarli allo specialista per approdare ad una diagnosi più esatta ed intervenire efficacemente.
Oggi la medicina ha fatto notevoli progressi ed è possibile intervenire con farmaci adeguati che bloccano efficacemente l’attacco emicranico, ma ciò nelle forme sopra descritte non è sufficiente, perché diventa necessario un intervento cognitivo-comportamentale. Durante la psicoterapia è bene che il terapeuta coincida con il medico, perché deve gestire una terapia farmacologica e in contemporanea lavorare per incrementare le capacità di coping del soggetto nelle situazioni più varie attraverso prove di esplorazione, alle quali viene adeguatamente preparato, stabilizzare il suo stato emotivo attraverso l’uso della psicoterapia adeguata, intervenire anche con tecniche di rilassamento con EMG-biofeedback, che ci permette di insegnargli come rilassare le zone miofasciali in modo scientificamente riconoscendo le avvisaglie in modo da contribuire al blocco dello scatenamento della cefalea.
Giacoma Cultrera
L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.