Diabesity

Un disturbo della nutrizione nell’infanzia

Il termine diabesity è stato coniato negli Stati Uniti d’America negli ultimi vent’anni circa per indicare la presenza contemporanea nel bambino di due patologie importanti che tempo fa non si osservavano con tale frequenza: il diabete di Tipo I associato all’obesità.

L’obesità primaria nei minori rappresenta un notevole problema dal punto di vista sanitario, principalmente presso i paesi più sviluppati a causa dell’elevata incidenza e della tendenza alla cronicizzazione. Essa è una patologia che, essendo stata molto sottovalutata in passato anche in campo medico, in realtà è a tutti gli effetti un fattore di rischio per numerose altre malattie anche nell’infanzia.

Per parlare di obesità si deve registrare un’eccedenza ponderale del 20% rispetto al peso ideale. Quando supera il 60% si parla di obesità grave.

La patogenesi dell’obesità nell’infanzia trova la formulazione di diverse ipotesi, quale l’eccessiva proliferazione degli adipociti nel primo anno di vita, la riduzione della massa del grasso bruno, la scarsità dei recettori insulinemici tissutali con conseguente iperinsulinismo secondario e tante altre teorie di profondo interesse.

Al momento causa principale è ritenuta la condotta alimentare con l’ingestione di una eccessiva quantità di cibo, che l’organismo non è in grado di smaltire.

Oggi si registra il trend generale, presso i paesi occidentali, di riscontrare nell’infanzia l’obesità associata a diabete di Tipo 2 e anche se in percentuale minore a diabete di Tipo I. Altri fattori che incidono sullo sviluppo di questa doppia patologia sono lo stile di vita sedentario, la forte diminuzione o mancanza di attività fisica associati ad elementi predisponenti come il sesso femminile, la durata del diabete, l’età, una terapia insulinica intensa e lo stato socio-economico.

Nella pubertà a partire dagli 11/12 anni si registra un maggiore incremento di questa manifestazione nelle femmine, gli studi incrociati, infatti, tendono a far rilevare questo dato. Allo stesso modo un diabete di una durata superiore ai 5 anni e con una terapia insulinica intensiva favorisce l’incremento ponderale, creando un circolo vizioso, probabilmente perché la correzione delle ipoglicemie stimola l’assunzione di cibi dolcificati. Come etnia c’è una maggiore resistenza all’insulina nei bambini di razza nera.

Nell’obesità, ma ancor di più nel diabete, la cura della qualità dei cibi e dell’alimentazione condotta è fondamentale. La perdita da parte dei genitori della buona abitudine di utilizzare cibi del luogo, di stagione, cucinati da loro, abbandonando la moltitudine di cibi industriali o precotti che nuocciono solamente alla salute ha favorito la comparsa di queste malattie che prima erano inesistenti.

L’alimentazione mediterranea con i grani antichi, i legumi, l’uso più frequente e abbondante di verdure di stagione, che possono essere cucinate in mille modi, le uova, il pesce, la frutta, le merende salutari per i bambini senza ricorrere al facile uso di merendine industriali o di tanti altri molteplici prodotti che pongono le basi dell’obesità e di seguito del diabete soprattutto di Tipo II aiuta a risolvere tanti problemi anche quando c’è già la patologia.

Molti studi cominciano a convalidare l’ipotesi che la dieta e i fattori che fanno parte dello stile di vita creino le condizioni per l’insulino-resistenza e questo è un problema molto grave per il diabetico. Spesso la loro alimentazione è ricca di calorie e ha una grande abbondanza di zuccheri, liquidi calorici, carboidrati come pane, pasta, riso, patate, e le loro cellule lentamente cominciano a diventare resistenti agli effetti dell’insulina.

Elevate quantità di insulina iniettate e l’insulino-resistenza nel tempo provoca un deterioramento del corpo molto più rapido. L’invecchiamento precoce si complica facilmente con patologie cardiache, ictus, demenze e cancro.

Tutto ciò ha una spiegazione fisiopatologica, perché gli elevati livelli di insulina a cui i soggetti sono costretti a ricorrere provoca un appetito fuori controllo con successivo incremento di peso, il tutto a livello organico si accompagna a un maggiore stato infiammatorio costante e stress ossidativo che stanno alla base dell’aumento pressorio, dei livelli alti di trigliceridi, del colesterolo elevato con bassi valori di HDL: tutti fattori che aumentano la predisposizione alle patologie sopra citate.

Nel diabete di Tipo I con obesità si è riscontrato che nel 15/67% dei casi inizialmente presentano chetoacidosi. Questi bambini con l’aumentare dell’età vanno incontro facilmente a complicazioni microvascolari e macrovascolari.

Da quanto abbiamo detto comprendiamo come l’approccio in queste patologie è multidisciplinare e coinvolge figure professionali diverse dal diabetologo, ad un trainer che curi l’attività fisica, all’accudimento alimentare ed all’incremento del network sociale. A volte questi bambini possono presentare disagi psicologici per le limitazioni che vivono e lì la spiegazione semplice ma organica di un medico-psicoterapeuta che aiuta il fanciullo ma sostiene l’intero gruppo familiare spesso è fondamentale.

                                    Giacoma Cultrera

L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.

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