Modelli interpretativi della memoria anterograda e retrograda

In quest’articolo la Dott.ssa Cultrera presenta due tipi di amnesie, anterograda e retrograda, e ne delucida i modelli di interpretazione.

I pazienti affetti da disturbi della memoria anterograda non sono in grado di ricordare ciò che viene loro presentato dopo l’insorgenza di una patologia che ha determinato una lesione cerebrale. Per spiegare questo fenomeno una delle teorie più comuni a cui si fa riferimento è quella del consolidamento delle tracce mnestiche, secondo la quale l’amnesia dipenderebbe da un deficit dell’immagazzinamento dell’informazione recente, volendo in tal modo sottolineare come il non avvenuto consolidamento mnestico sarebbe dovuto al mancato trasferimento dell’informazione dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine. Si ritiene che i disordini anterogradi e retrogradi non devono essere necessariamente spiegati riferendosi alla lesione di un medesimo meccanismo, poiché rimane aperta la possibilità di doppie dissociazioni di circuiti cerebrali colpiti.

Il punto cruciale che mette in crisi la teoria del consolidamento per spiegare l’amnesia anterograda è dato dal fatto che essa non da motivazioni neuropsicologiche adeguate di alcune forme di apprendimento che vengono preservate nei soggetti colpiti, come l’apprendimento di compiti percettivo-motori o il fenomeno del priming.

Come fa notare Shimamura (1989) la teoria del consolidamento rimane valida in quei rarissimi casi, in cui il soggetto presenta solo amnesia anterograda, in assenza di altri fenomeni impliciti di apprendimento. In questi casi la teoria prevede che la lesione riguardi la parte mediale dei lobi temporali, che diventerebbero l’area cruciale per il trasferimento di informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine.

Esiste, tuttavia, un’altra ipotesi di questo disturbo che lo attribuisce principalmente a lesioni che impediscono la codifica dell’informazione in entrata. Nei soggetti normali il materiale codificato a livello semantico viene ricordato meglio dell’informazione processata unicamente a livello fonologico o percettivo. Secondo questa teoria, i pazienti amnesici avrebbero un deficit di codifica semantica, dovuto alla tendenza a non utilizzare spontaneamente il processamento del contenuto semantico dell’informazione. Se si inducono i pazienti amnesici a trattare gli aspetti semantici degli stimoli la loro prestazione dovrebbe migliorare in modo proporzionale.

Tuttavia, anche questa teoria non permette di spiegare i danni della memoria retrograda.

In ogni caso, come sostiene Shimamura, l’ipotesi del deficit di codifica ha avuto il merito di sollevare un problema fondamentale in riferimento alle modalità con cui i pazienti amnesici trattano, registrano e manipolano l’informazione che viene loro presentata.

Altre ipotesi, invece, pongono l’accento sul problema di ricordare “deliberatamente” o “consapevolmente”. Secondo queste teorie tali soggetti non sarebbero in grado di raggiungere la consapevolezza dell’informazione che acquisiscono. Questa caratterizzazione spiegherebbe il fenomeno del priming, dell’apprendimento percettivo-motorio e dell’amnesia retrograda, in quanto tutte avvengono nell’ambito della consapevolezza.

Un’ulteriore teoria ritiene che questa amnesia sia legata ad un deficit di recupero dell’informazione normalmente immagazzinata. L’informazione precedente interferirebbe con il recupero dell’informazione più recente.

Nell’amnesia si possono riscontrare anche alterazioni dei giudizi di recenza e sulla base di queste osservazioni alcuni autori hanno avanzato l’ipotesi che questi pazienti presentino un deficit nell’utilizzazione del contesto spazio-temporale.

Il disturbo della memoria retrograda, invece, è stato spesso interpretato come un disordine della memoria episodica. In questi soggetti sarebbero danneggiate le memorie, relative alla vita del soggetto e fortemente contestualizzate, mentre le conoscenze semantiche, che avrebbero perduto i connotati spazio-temporali connessi alla loro acquisizione, sarebbero integri.

Si ritiene che parte delle informazioni relative alla vita del soggetto vengano col tempo ricodificate in termini semantici. Solo i ricordi più recenti sarebbero di natura episodica. Questo dato sarebbe confermato dall’osservazione secondo cui alcuni pazienti amnesici non sono in grado di rievocare un solo episodio della loro vita passata, ma mantengono delle conoscenze generali sui fatti personali.

Per superare la confusione concettuale generata dall’assunzione di una netta distinzione tra magazzino della memoria semantica e quello della memoria episodica, Shallice (1988, 1990) ha proposto di interpretare i disordini osservati nell’amnesia retrograda non in base alla distinzione tra i due sistemi di memoria, semantica ed episodica, bensì riferendosi a diversi sistemi di recupero dell’informazione.

I compiti della memoria episodica utilizzerebbero procedure di recupero dell’informazione che possono essere dirette solo dal Supervisor Attention System. I compiti della memoria semantica comporterebbero l’accesso all’informazione attraverso le operazioni degli schemi di contention scheduling, che controllano l’elaborazione di routine.

Questo modello renderebbe conto dei disordini della memoria episodica con risparmio della memoria semantica legata ai concetti, alle parole, ma anche ai fatti e alle conoscenze generali del soggetto. Al contrario, la rievocazione di eventi passati o di personaggi famosi, che non fanno più parte dell’attualità, non può essere recuperata attraverso i processi automatici della memoria semantica, bensì necessita delle operazioni controllate dal Supervisor Attention System.

                                            Giacoma Cultrera

L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.

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